In agosto decido di partecipare alla selezione di una mostra collettiva su “Samhain”, la festa celtica collegata al culto dei morti che nei corso dei secoli giunge a noi conoscendola poi come”Hallowen”. Una festa pagana che ricorderemo senza dubbio per i costumi da streghette e mostri che in questi giorni di ottobre/novembre troviamo un po’ ovunque.
Ma Samhain è un’altra cosa.
Perciò ho deciso di partecipare a questa “call” ideata da Eclissi ArtStudio di Reggio Emilia e sono stata selezionata insieme ad altre 3 donne fotografe.
Ma il mio racconto parte da una mail che ho spedito al prof. Jacopo Bisagni, docente di filologia celtica all’Università di Galway in Irlanda …
Jacopo è un amico, una di quelle tante “teste” italiane che si è fatto strada all’estero e che sta intraprendendo una brillante carriera di ricercatore, e che mi ha fatto dono di un racconto della letteratura irlandese medievale, un testo in particolare che si concentra proprio sugli eventi misteriosi di una singola notte di Samain: si tratta dell’Echtra Nerai (“Le avventure di Nerae”), un racconto sopravvissuto in tre manoscritti del 15° e 16° secolo, ma databile senz’altro al periodo altomedievale (ovvero, la prima versione fu probabilmente scritta tra l’ottavo e il decimo secolo d.C.).
“Samain” è quasi un topos letterario, in pratica è la notte in cui succedono le cose più strane in rapporto al mondo dei morti e del soprannaturale.
QUESTA LA STORIA
“La notte di Samain, il potente re del Connacht, Ailill, e sua moglie, la regina Medb, si trovavano a celebrare la festa con la loro corte nella fortezza di Rath Cruachan. Dato che due prigionieri erano stati impiccati il giorno prima, e i loro corpi erano ancora appesi fuori dalla sala delle feste, il re sfidò i suoi guerrieri ad una prova di coraggio: chiunque avesse osato appendere una ghirlanda alla caviglia di uno dei morti—sfidando quindi le forze magiche della notte di Samain—avrebbe ricevuto una ricompensa dal re…
Ma, come ci racconta il testo, “grandi erano l’oscurità di quella notte e il suo terrore, e i demoni apparivano sempre in quella notte…” Tutti i guerrieri che tentavano l’impresa tornavano quindi subito dentro con la coda tra le gambe. Il giovane Nerae allora si alzò per tentare, poiché voleva ottenere la spada dall’elsa d’oro del re. Dopo essersi armato di tutto punto, Nerae riuscì nell’impresa; quello che il guerriero non si aspettava, però, era che il cadavere si mettesse a parlare, chiedendogli per giunta di portarlo a bere un bicchiere con lui!
Nerae trasportò allora il corpo del morto parlante sulla sua schiena, dirigendosi verso un gruppo di case lì vicino. Dopo che vari ostacoli ebbero impedito loro di entrare nelle prime due case, riuscirono infine ad entrare nella terza. Dopo aver bevuto acqua sporca dai secchi e vasche che si trovavano lì, l’impiccato sputò quell’acqua in faccia agli abitanti della terza casa, che morirono sul colpo.
Dopo questo strano fatto, Nerae rimise il cadavere sulla forca e tornò poi verso la reggia di Cruachan. Una visione d’orrore si presentò allora ai suoi occhi: la fortezza era stata bruciata, e giaceva lì un grande mucchio di teste tagliate. Nerae vide allora che i guerrieri responsabili del massacro stavano entrando in una grotta sotto la collina di Rath Cruachan, e li seguì. Poco dopo, Nerae vide che gli strani guerrieri mostravano alcune delle teste tagliate al loro re—il re dei síd, il popolo soprannaturale che dimora sotto la terra. A quel punto, il re dei síde chiese ai suoi guerrieri di portare Nerae al suo cospetto. Il re ordinò quindi a Nerae di andare verso una casa lì vicino dove viveva una donna sola: Nerae—ordinò il re—doveva vivere con quella donna e portare ogni giorno legna per il fuoco della reggia dei síd. Nerae fece come gli era stato ordinato, ed ebbe altre strane visioni. Alla fine, la donna rivelò a Nerae che la distruzione della reggia di Ailill e Medb a Cruachan non era avvenuta affatto: si trattava solo di una visione profetica di ciò che sarebbe accaduto l’anno seguente se Nerae non fosse subito andato ad avvertire il re e la regina del pericolo che correvano. Nerae tornò a Cruachan, e, anche se a lui sembrava fossero passati tre giorni e tre notti, egli ritrovò invece i suoi compagni attorno al calderone, ancora intenti a celebrare Samain: i tre giorni di Nerae erano in realtà durati un solo istante. Affinché i guerrieri della corte di Ailill potessero credere alla sua storia, Nerae aveva portato con sé dal regno dei síd alcuni frutti estivi freschi: poiché questo sarebbe stato impossibile nel mondo degli uomini, tutti credettero alla storia di Nerae, il quale ottenne in premio la spada dall’elsa d’oro. ”
La conclusione della storia contiene molti dettagli e sviluppi complessi, ma l’essenziale è che, dopo un anno, Nerae scopre di avere avuto un figlio dalla donna dei síd. Allora, quando gli uomini di Ailill e Medb si metteno in marcia verso la reggia dei síd per distruggerla (e prevenire così l’attacco alla fortezza di Cruachan, come profetizzato da Nerae), Nerae decide però di trarre in salvo la sua donna fatata e suo figlio.
La dimora dei síd viene infine completamente distrutta e razziata dagli uomini del Connacht. “Nerae però”—così ci dice l’ultima frase del testo—“rimase con la sua famiglia nel regno dei síd, e non ne è ancora uscito, e non ne uscirà fino al Giorno del Giudizio.”
E’ un racconto strano, e gli studiosi si sono sforzati a lungo di interpretarne le complesse allegorie. E’ però anche una storia piena di elementi suggestivi e di “immagini” che mi hanno ispirata, specialmente nella parte iniziale, quando Nerae appende la ghirlanda di vimini attorno alla caviglia dell’impiccato, il quale per tutta risposta gli chiede qualcosa da bere.
Troviamo qui molti degli elementi caratteristici di Samain: il sovvertimento dell’ordine naturale, la comunicazione coi morti e l’uso di oggetti magici per parlare con loro, la permeabilità del mondo degli uomini e e del mondo soprannaturale, col quale Nerae addirittura si unisce per sempre.
Gli abiti delle fotografie sono volutamente NON filologici, l’idea era di portare una suggestione e non certo una ricostruzione storica.
Le foto sono state scattate alla base del Monte Sagro e nei boschi sottostanti Campo Cecina (Carrara).
Grazie a chi ha posato per me, a chi mi è stato vicino e condiviso la mia creatività, alla mia mamma che si è prestata ad interpretare “Morrigan” la più importante tra le divinità irlandesi, dea della guerra, della morte e del fato.
Hanno partecipato: Kiara Aradia, Gabriele Martinucci, Sara Sniper Luciani, Isabella Panzera, Gabriele Favaretto, Davide Lazzaroni, Renata Dubs.
La mostra collettiva si terrà dal 24 ottobre al 14 novembre presso Eclissi ArtStudio a Reggio Emilia.